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Folual presenta Apogee Music, techo label di Jaywork Music Group

Folual presenta Apogee Music, techo label di Jaywork Music Group 

Folual è un nuovo progetto musicale dietro il quale, oltre allo stesso Luca Folual, in prima linea come artista, si celano i produttori Luca Antolini ed Alessandro Bianchi, che si occupano della parte tecnica, coordinando dalla A alla Z il lavoro in studio. I loro singoli vengono pubblicati da Apogee Music. La nuovissima "Other Space", uscita sulla citata etichetta il 10 febbraio 2023, inquadra bene la direzione musicale del trio, che è techno, con referenze che tirano in ballo un passato glorioso, pur conservando un approccio futuristico, sempre originale ed energico. Gestita in origine da un team inglese, Apogee Music, grazie allo spirito esplosivo del trio è sbarcata da poco in Italia sotto l'egida di Jaywork Music Group di Luca Peruzzi e Luca Facchini, realtà che dalla fine degli anni '90, attraverso le sue etichette discografiche, dà spazio e lancia nuovi talenti in Italia e non solo, abbracciando generi e stili musicali differenti. 

Ciao FOLUAL, ci racconti come sta nascendo il tuo nuovo progetto musicale con Jaywork? Cos'è o cosa sarà Apogee Music?

"In realtà, Apogee Music, esiste da oltre 2 anni, e finora ha ottenuto risultati buoni. La label di Folual era gestita da un team Inglese, in seguito abbiamo pensato di crearne uno tutto italiano, così ci siamo rivolti a Jaywork per qualche che riguarda il discorso di gestione e di promozione".

Ci dai qualche indicazione sul sound, sugli artisti e sul modo di lavorare di questa nuova label?

"Il sound che vogliamo proporre è una fusione tra la techno classica e le sonorita trance. Ci appartengono come storia e, tra l'altro, vanno anche molto bene ora. Per intenderci, facciamo quella che oggi chiamano Techno Peak, un genere molto frizzante, energico, che mantiene però quella parte dark".

Come mai avete scelto questo nome, Apogee Music?

"Assieme ai miei collaboratori siamo andati per maggioranza, Apogee è stata scelta da tutti".

Jaywork è un gruppo che da sempre punta sui giovani talenti. Anche Apogee Music farà la stessa cosa?

"Se ci saranno giovani, saranno sempre i benvenuti. Non abbiamo comunque preclusioni, accogliamo artisti valenti di qualsiasi età".


Avete già un gruppo di artisti su cui puntare? E poi, come vi può contattare chi crede di avere qualche traccia che possa piacere ad Apogee Music?

"Non abbiamo un gruppo di artisti, vorremmo crearlo. Ci sono già state collaborazioni e remix con nomi di spicco come Tiger Stripes, T78, A.s.y.s, sisko electrofanatik, YellowHeads, Jam el Mar, Phutek, Nusha, Dusty Kid, Damian Cassar, Matteo Magni, PPK, Maksim Dark. Se qualcuno che sta leggendo questa intervista volesse contattarci e mandare una sua demo/produzione può farlo in qualsiasi momento scrivendo una mail a: apogeemusiclabel@gmail.com".

Come vedi il presente e il futuro della scena musicale elettronica internazionale?

"Il Covid ha rallentato i progetti, ma ora vedo una rinascita, una grande voglia da parte di tutti i dj e producer, una grande partecipazione da parte del pubblico".

Per i dj, c'è un legame tra successi discografici e successo nei club e nei festival oppure succede sempre di meno?

"Ormai tutto è legato alla produzione, il vero dj nella nuova realtà è un produttore che ha fatto una traccia interessante e, di conseguenza, viene chiamato a rappresentarla. I veri dj li puoi trovare come resident o comunque legati a una zona dove hanno lasciato un segno. Essere produttore non vuol dire essere per forza un buon dj".

Come vedi il panorama discografico e musicale a livello globale in questo periodo? Ben 100.000 brani al giorno, spesso davvero di poca qualità, vengono pubblicati solo su Spotify...

"Sono d'accordo, una giungla vera e propria. Ci si imbatte in produzioni imbarazzanti, che ti smontano, e ti fanno perdere la voglia di proseguire. Spero che ci si renda conto di questo, prima o poi".

E per quel che riguarda la musica elettronica, che è una nicchia? Un brano che totalizza milioni e milioni di ascolti su Spotify e sugli altri siti di streaming porta poco denaro nelle tasche di chi l'ha prodotto.

"Tanti artisti che meritano, devono arrendersi, o praticarlo come hobby, proprio per via dei pochi soldi incassati. Ma credo che tutto sia collegato anche al fatto che escono troppe produzioni ed è tutto saturo. Ci fosse più qualità che quantità, le produzioni durerebbero di più e sarebbero molto più ascoltate, come un tempo".



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